Il piccolo Hans - anno V - n. 17 - gennaio-marzo 1978

ché il problema sia risolto in modo ben diverso per l'in­ teressato. Ma è proprio quest'ultimo a perdere ogni valore. Mentre è evidente che nella società Gamo, per esempio, si cerca di trovare per il delinquente o il criminale, una soluzione che renda possibile la sua reintegrazione, è altrettanto chiaro che nella nostra società, l'automati­ smo delle leggi e dei giudizi, si disinteressa metodica­ mente tanto dei motivi e del movente di un dato crimine o reato, quanto dell'effetto che una sanzione penale può avere sul particolar ,e individuo. Questa non è che la conseguenza logica del principio di uguaglianza davanti alla legge. Robespierre non aveva respinto perfino il principio di ogni giurisprudenza, affermando che il giu­ dice dovesse limitarsi ad applicare la legge automatica­ mente? Non si è arrivati proprio a questo, ma bisogna ammettere che l'-elaborazione di un testo di legge abba­ stanza giusto perché basti a ciascuno serverlo fedelmente è nella logica del nostro Ordine Giuridico. P. Legendre' ha dunque ragione di dire che il lavoro dei giuristi contemporanea si situa sulla scia dei glos­ satori del Medio Evo, in quanto tende a formare, o almeno a supporre l'esistenza di un puro testo di legge, testo morte, e testo sacro, referenza ultima davanti alla quale non si può volere altro che sottomettersi: la realtà della sottomissione, è dunque la base stessa del potere giuridico. Bisogna tuttavia osservare che Legendre con la sua analisi prende di mira i teorici del diritto, ca­ nonisti e universitari, ed anche filosofi, in quanto que­ sti tendono a costituire un'ideologia dell'Ordine Giuri. dico da far accettare, così che ciascuno vi si sottometta in anticipo. 1La realtà di cui parla Legendre, è dunque la realtà del fantasma operante presso i giuristi, la le­ gittimazione del loro saper ,e, della loro sacratizzazione. Tutto ciò maschera l'altra realtà, quella della pratica giuridica, che è fatta di giurisprudenza (di cui le leggi 40

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