Il piccolo Hans - IV - n. 16 - ottobre-dicembre 1977

mous Alcoholics». Si dà però il caso che, una volta convertiti, a colpi di moralismo, tutti gli alcolizzati da redimere, egli allora, non sapendo più che fare... rico­ minci a bere. Riappare qui quel paradosso d'Achille e della tarta­ ruga che è paradosso del godimento - paradosso del « non c'è rapporto sessuale». In effetti, come interpreta Tausk, e in modo più che mai corretto, il delirio d'azio­ ne degli alcolisti 43 ? Come rappresentazione, o Ersatz, del rapporto sessuale - che proprio pe:rché impossibile si esaurisce nell'azione e nel fare. Un fare, routine della ripetitività, che denuncia l'impossibilità di raggiungere la tartaruga-oggetto a. Il delirio d'a-zione è realizzazione (immaginaria) del rapporto sessuale (altri direbbero, della « scena primaria»), cioè d'un godere illimitato, interminabile, dell'oggetto. Un godere impossibile ed interminabile che è un rischio calcolato dello stesso rapporto analitico: non a caso M. Balint 44 descrive come un « intossicato dell'analista» il paziente impegnato in quella fase della cura che lui chiama « nuovo ciclo». Qual'è il risultato - nell'alcolismo - di questo « de­ lirio» nella rea'.ltà, che è poi sempre la realtà del « pal­ coscenico» sociale? Non è certo per caso che i clochards, in place de la Contrescarpe a Parigi, per esempio, diano spettacolo di sé proprio come scarti umani e sociali: sporchi, cenciosi, omosessuali, miserabili... L'alcolista­ barbone enfatizza, nella guitteria del suo fare fare tra gli scarti di cui sopravvive, il suo esser scarto della società, qualcosa di cui la società non sa che farsene. In questo ,senso l'alcolismo funziona da sintomo della Kultur, cioè della società moderna - sintomo proleta­ rio, come lo era stato, in altri tempi, il pauperismo (accompagnato tanto spesso da etilismo). Scarti di cui la società ha tentato di« godere» - e ne è riprova l'alone letterario che essa è riuscita a creare at:torno alla figura del clochard, o attorno all'artista beone e « santo», 46