Il piccolo Hans - IV - n. 16 - ottobre-dicembre 1977

una figura già utilizzata da Lacan in un suo seminario 37 Possiamo dire che il nevrotico è come un cliente di un ristorante cinese che si trova a dover scegliere in un menù di piatti cinesi, e scritti in ideogrammi per giun­ ta. Là dove qualcuno (un qualcuno come l'analista, ad esempio) gli desse la traduzione esatta degli ideogram­ mi, si porrebbe sempre il problema, per l'avventore, di che cosa egli veramente desidera, per cui in sostanza la sua richiesta all'interprete è «Che cosa voglio man­ giare?». C'è però da dire che nella reiterazione di que­ sta domanda sul proprio desiderio il soggetto resta di­ giuno: è questo restare a mani vuote che lo spinge, indubbiamente, dall'analista. L'alcolista, quanto a lui, non ne sa di più sui piatti cinesi indicati nel menù, ma lui non · si cura né del cuoco né dell'interprete, lui preferisce... mangiarsi la carta del menù. In questo modo, c'è da dire, non resta digiuno: ma quel che mangia, anzi, nel nostro caso beve, non è un piatto cucinato ma un simbolo - e sim­ bolo cinese per giunta, simbolo di cui non «possiede» la referenza simbolica. Naturalmente un ana1ista come Melman tenderà a vedere dietro il ripudio - o Verurteilung - del godi­ mento fallico in quanto basato sulla castrazione pro­ prio un lavoro «perverso»: in altre parole la «scelta» per il significante «ak.ool» si motiverebbe nel fatto che quel che è significato come oggetto a è l'organo virile. Il «culto del rifiuto» - anche nel senso di gusto per il dini , ego, «io non sono alcolista!» - coprirebbe un soggiacente «culto del fallo». Proprio perché la costellazione familiare dell'alcolista ,sarebbe ordita at­ torno all'astro materno, il ·suo attaccamento paranoide all'immagine femminile tradirebbe il suo attaccamento al fallo-oggetto che lei nasconderebbe dentro di sé. L'«in­ no al fallo» - esplicito nelle vanterie dongiovannisti­ che - sarebbe ribadito, tra l'altro, dalla frequenza della 40

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