Il piccolo Hans - IV - n. 15 - luglio-settembre 1977

la sua comparsa il senso convenzionalizzato da dizionari e retoriche esce dalla propria immobilità di uno (che comprende, beninteso, anche le anfibologie, le ambiguità permesse dalla consuetudine letteraria) per pluralizzar­ si e movimentarsi. Questa emigrazione o deriva di signi­ ficati rompe i limiti del significante e fluisce attraverso tutto il testo, per meglio dire lo costituisce come testo in virtù di tale flusso. Comunque qui è sempre la cellub lessicale che propone i propri limiti, li sforza e quindi li nega. In H il principio operativo anziché portare sul­ la parola, porta sulla frase: è la frase che si fa transfi­ nita. La scomparsa della punteggiatura, del resto facil­ mente riproponibile, ma solo con perdita, come ha di­ mostrato Julia Kristeva 22 , che potrebbe sembrare per­ fino relitto ingenuo di altre modeste sperimentazioni, non è che l'aspetto esterno, dirò così inevitabile, e non determinante, di un abbattimento della sbarra frastica, che si fa veramente sentire in effetti di fluidità, di durata fonica, di continuità pulsionale. Le «retour intonation­ nel, rythmique, disons pulsionnel » si colloca nel punto più forte della nominazione, nel luogo 1« tetico » della «syntaxe inéluctable ». Siamo, come definisce la Kri­ steva 23 , nel dominio dell'esperienza «semiotica», che viene a situarsi «au-delà de la phrase et donc au-delà de la significazion et du sens.». In H, capovolgendo la sequenza comune, non si procede dalla parte al tutto, ma«on commence à infinitiser la totalité pour atteindre seulement après le sens fini de chaque partie». «Infi­ nitiser » pare ben più di una parola-chiave: in H «ce n'est pas l'irruption du non-sens dans le sens... C'est l'arbitraire de la coupure du sens qui se pose quand meme sur le flot du rythme, de l'intonation, de la musique » 24 • Il «polylogue » sollersiano nasce da un'opposizione (�< j'oppose au monologue intérieur le polylogue exté­ rieur») 25 , ma subito l'opposizione di partenza è rias- 95