Il piccolo Hans - IV - n. 15 - luglio-settembre 1977

don Bartolo, personaggio rossiniano (anche sulla fede del secondo Census della Glasheen). E' facile obiettare che questi, o altrettali o opposti sensi, sono niente più che ipotetici e largamente dipen­ denti dalle associazioni o disassociazioni del lettore. Clive Hart 11 ha fatto una tassonomia dei metodi di lettura di Finnegans Wake, sottolineando l'impiego di molteplici sistemi linguistici o meglio di sistemi di ri­ ferimento, che caratterizza il testo (e intanto: non solo l'inglese, naturalmente, ma il francese, il tedesco, lo spagnolo, l'italiano, il latino, il greco, l'ebraico, il gae­ lico, fino alle lingue scandinave, all'albanese, al finlan­ dese, all'arabo: in certo modo le parole joyciane sono tutte fuori dal dizionario perché dentro tutti i dizionari); ed ha proposto come formula interpretativa il ricorso non ad un maximum ma ad un minimum di intrecci di significati. Tindall dà come limite delle interpretazioni il testo: - ma, aggiungerei, intendendo piuttosto che la deriva dei sensi non termina ma va a comporsi (a sfociare?) nel Macrosegno testuale. Anche la famosa autointerpretazione che Joyce dà, in una lettera ad Harriet Weaver 12, secondo il processo « disseminato­ rio » tentato più sopra, non è perciò stesso più « auten­ tica » ossia codificante, di qualsiasi altra costruzione di sensi sovrapponibile, convivibile. E' vero che il testo di Finnegans Wake sembra sopportare una infinità {o per lo meno: un numero praticamente indefinito) di sensi secundum lectorem e dunque secondo la successione dei lettori: ma questa semplice constatazione, che sembra diretta a vanificare l'opera stessa, ne costituisce vice­ versa il vero principio coagulatore, ciò che fa di Finne­ gans Wake un Uno, sempre che si dia Uno. Discorrendo dell'oblio dei sogni, nell'ultimo capitolo dell'Interpreta­ zione dei sogni, Freud somministra un'indicazione pre­ ziosa: « L'unico errore fatto dagli scrittori precedenti è stato quello di supporre che la modificazione dei sogni 87

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