Il piccolo Hans - IV - n. 15 - luglio-settembre 1977

litica. L'astuzia della normalizzazione ha trovato qui il punto di cedimento. Il non-senso, recuperato come una sorta di correlativo obiettivo, viene rimanipolato come simbolo, trasformato da commutatore - per dir così - di un discorso che salta i circuiti «ammessi», in strut­ tura retorica, in istituto, in ·«valore»; si sposta dal­ l'indecidibile al definito. L'ultima tappa è quella di con­ vertirsi in modello ossia in moda. Se prima il suo carat­ tere distintivo era il carattere dell'impraticabilità, ades­ so diventa quello dell'uso. Come «oggetto di moda» esso ha dunque un senso nel sistema normalizzante, il quale lo rimette felicemente in circolazione economica, ormai in pratica depotenziato di qualsiasi forza oppo­ sitiva. La letteratura sembra confrontata a un'impasse. Essa può infrangere, attraverso il rifiuto del senso, i cordoni del sistema: ma il sistema ha imparato a tramutare subito l'infrazione in nuova codificazione conservandole in apparenza - ed èJ questo il punto capitale - la mar­ ca dell'oltraggio. Cosi il non-senso torna ad abitare la polis, contribuisce alla sua edificazione e difesa, non mette più bombe sotto gli istituti (al massimo petardi). Il senso è semplicemente questo: che «non c'è senso». Ma tale solenne dichiarazione, sulla quale concorda il maggior numero (consenso), è essa stessa un senso dei piu gratificanti, forse il Senso con la maiuscola. L'ordi­ ne, ancora una volta, regna a Varsavia. III. Lo sforzo del discorso letterario - specialmente del discorso letterario contemporaneo - di passare di là dalla • «fonction de numéraire facile et répresentatif» del linguaggio per un senso totale scritto altrove, rischia di sfociare (e in realtà sfocia) in una pratica del non­ senso infinitamente riproducibile, non dico riproduci­ bile solo nelle sue forme ma nel suo stesso processo generativo. Il lavoro della scrittura non ha altra scelta 83

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