Il piccolo Hans - IV - n. 15 - luglio-settembre 1977

feuillage séché dans le cités sans soir / votif pourra bénir comme elle se rasseoir / contre le ma:Pbre vaine­ ment de Baudelaire // au voile qui la ceint absent avec frissons / Celle son Ombre meme un poison tutélaire / toujours à réspirer, si nous en périssons ». Le due ter­ zine finali del Tombeau mallarmeano dedicato a Bau­ delaire evidenziano attraverso una performance ecce­ zionale i procedimenti e le forme dell'enunciazione del­ l'altro senso {meglio ancora che non-senso). Il limerick comunica ancora qualche cosa fuori di sé, della sua macchina linguistica: un assurdo, un mondo indicato per beffa o gioco. Qui l'atto di significanza è niente più che l'internarsi della lingua in se stessa. Per esem,pio, la sintassi delle due terzine mallarmeane non è una sintassi che giochi sugli spiazzamenti limitati, sui salti della propria logica, pressapoco come lo sposta­ mento dei tasselli nell'imbroglio delle �< tre tavolette ». In un movimento a spirale rivolto all'indentro, essa avvia tutta una serie di registri fonici e ritmici, di ele­ menti lessicali, di rapporti equivalenza-opposizione, a identificare se stessi ossia a trovare il proprio senso autentico in quella parte più interna che è il testo. Ogni significante si separa dal suo significato convenzionale (non solo s'intende la convenzione del discorso comuni­ cativo ma anche quella del discorso poetico ormai sta­ tualizzato) per andare a significarsi in quanto elemento del testo. E' la scrittura il referente di se stessa. Quel che ne risulta al lettore superficiale - e alla vigilanza della norma - è pertanto un'assenza di senso, voglio dire di senso economico, spendibile; insomma: di senso­ merce. In questo modo l'enunciazione letteraria non circola più, fa residuo. Come ristabilire la circolazione? Forse incautamente, la letteratura di questi ultimi decenni ha indicato una certa omologia fra la propria « vertigine di senso» e l'insensatezza di tutta una realtà sociopo- 82

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