Il piccolo Hans - IV - n. 15 - luglio-settembre 1977

tirne parlare. In famiglia non ci sono problemi, i due ragazzi non mancano di nulla. Un giorno Gabriele disegna un drago che sputa fuoco, « E' mio padre», afferma. Il padre gli appare come un essere potentissimo, ne ha paura, lo teme an­ che al di là di quanto comporti un rapporto educativo autoritario e punitivo. Il bambino si irrigidisce quando parla del padre, trema, balbetta. Eppure questa figura gli appare essenziale per difenderlo, per tutelarlo dai pericoli, interni ed esterni. Si capisce che vorrebbe attac­ carlo, cimentarsi in una sfida che sposta continuamente sul fratello, sui compagni. Finché il bambino, preso nel­ la contraddizione di distruggere e sostenere al tempo stesso la figura paterna, non giunge a gridare la verità che lo angoscia: il padre non è un impiegato, è un addetto alle pompe funebri, al trasporto dei morti al cimitero. Questo commercio con la morte è mantenuto accu­ ratamente segreto dalla famiglia. Temono, altrimenti, di essere rifiutati socialmente, di essere considerati por­ tatori di sventura. Agli occhi stessi del figlio, la conti­ guità con la morte sembra attribuire al padre poteri mortali. L'accesso al 'nome del padre ' - inteso come intro­ duzione di una terza dimensione nella diade fisiologica madre-figlio - ha comportato senz'altro lo stacco della prima captazione del desiderio infantile nel desiderio dell'altro, della madre. Il significante «padre», può in­ durre però degli effetti sui quali non si è indagato abba­ stanza. Nella misura in cui , il ' nome del padre ' fun­ ziona come una metafora, può produrre una induzione dell'immaginario attraverso il simbolico. Il ' nome del padre ' trascina allora con sé il significato del quale è significante: il fallo 16• Quando, come in questo caso, l'integrazione della significazione paterna ha prodotto la cancellazione della 46

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