Il piccolo Hans - IV - n. 15 - luglio-settembre 1977

domande, un miraggio, quindi, in cui rischia di smarrirsi per sempre. In quest'ottica, il sintomo che ha provocato il rico­ vero del bambino e la istituzione ospedaliera che l'ha accolto risultano entrambi inscritti nella dimensione di un desiderio che li evoca e li connette in una relazione reciproca di domanda e risposta. Osservazione paradossa1e se assunta nell'ambito di un sapere psicologico che registra il comportamento manifesto del bambino, in cui prevalgono senz'altro le espressioni di paura, di ansia, di angoscia, le stesse che - sottoposte ad un'altra interrogazione - possono apparire erotizzate da un desiderio masochisticamente teso all'appartenenza ad un « ordine terzo», totalmente arreso alle sue iscrizioni. E' l'insistenza con la quale il ricovero ospedaliero viene richiesto e perseguito, oltre alla esiguità dei di­ sturbi organici che possono clinicamente giustificarlo, ciò che mette in sospetto. I bambini, segnalati per questo, hanno manifestato un rapporto con l'ospedale che si configura - al di là delle indubbie manifestazioni di disagio - come un rapporto libidico: l'istituzione, anziché contraddire il desiderio ne viene investita, si fa « luogo del desiderio». E ciò non per i suoi aspetti permissivi e, talora, gratificanti, ma per la sua organizzazione necessitante, per la totalità della sua presa in carico, per le conno­ tazioni punitive di molte sue pratiche. Forse è l'aspetto congiunto di un sistema rigido ed autoritario, corretto da atteggiamenti tolleranti ed amichevoli, ciò che fa del reparto pediatrico una istituzione globale, paterna e materna insieme, una « famiglia istituzionale», alla qua­ le ricorrere quando la famiglia reale manca il processo di edipizzazione, quando smarrisce la possibilità di in­ trodurre al simbolico, per il suo totale coinvolgimento nelle dinamiche dell'immaginario. 38

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