Il piccolo Hans - IV - n. 15 - luglio-settembre 1977

Non assumere questi confini, o peggio non percepirne neppure l'esistenza e la necessità, porta affrettatamente a favorire discorsi che sono ornamento dei sintomi che abbiamo descritto - e che ci perseguitàno - senza che alcuna nominazione si renda da ciò possibile. Il reale evocato, in questo caso non può non errare. Come erra il cinema italiano. 6.1. Infine dove si fissa? Se non si dà colpa, lo sguardo si fissa sempre su una esibizione, e colpa non dovrebbe darsi. Cominciò qual­ che decennio fa sotto l'etichetta di cineforum - et si­ milia; da allora l'esibizione del pubblico è diventata sempre più diffusa ed importante, sicura dentro l'oriz­ zonte del suo discorso, sempre meno «esposta » in qualche modo. Eppure ricca di partecipata esaltazione, di democratica vitalità - a non dire sopraffazione - certa di lavorare (e in qualche modo non lo si può disconoscere) sul futuro del cinema. Oggi, staccatasi dal discorso, questa esibizione filtra, come occasione diffe­ rita, in ogni poltrona, o altro posto scomodo, davanti allo schermo, rinnovando riella reciprocità del cattivo gusto (o del suo apprezzamento: fa lo stesso) la forma prima dell'essersi prodotto del cinema: Urbild? 6.2. Voyeur ed esibizionista, ormai, insieme; ciò che definitivamente ha vinto è la priorità della puls:i_one scopica, supporto di ogni perversione, di ogni investi­ mento libidico, una furbizia che ha centrato sul proprio corpo-oggetto questa smania degli sguardi, volando elf'­ gantemente nel lontano 1915 o 1920 sugli schermi, o mostrando il corpo esposto al pericolo; ma certo prima ancora di questa astuzia dell'esibizione, la certezza del valore del corpo (in termini di scambio naturalmente) aveva già incrociato il nodo di questo corpo, producen­ done la «divinità». Questo se voir interiore, libero sub- 174

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