Il piccolo Hans - IV - n. 15 - luglio-settembre 1977
nizzato-preordinato, può forse far saltare l'illusione di ordine e di tutta visibilità che la riduzione prospettica ha fondato e che continua, aggiustandosi all'ordine del l'immaginario, all'interno dell'operazione cinematografi ca: almeno quella che si pone come standard, come re gola aurea, come origine-grammatica-lingua stessa per cui esiste il cinema, e i film. 2.3. Il punto cui sembra arrivare il cinema, va forse situato non più entro i termini puliti della visione quan to, più riccamente, entro i termini del desiderio insod disfatto in qualche modo motore (manque) di un'ulte riore riproduzione tecnica, dell'allargamento del campo della visione, e del dominio dell'occhio. 2.4. e però, insieme, il cinema rimane dichiarazione della volgarità interiore di ogni pratica « sociale», di ogni pratica di riconoscimento da cui e per cui avviene il tracciato dell'identificazione, la costruzione preziosa dell'intero moi. Per cui il cinema, noncurante degli otti mistici discorsi sulla riproducibilità tecnica di tutto il reale, accetta di svilirsi alla bassa ripetitività, entra, per scandalo o per noia, in un quadro di irraggiungibilità e intangibilità del prodotto, di sua dominanza assoluta, nel reciproco cattivo gusto che fa circolare tra il pubblico, e su cui lo supporta. Fino addirittura a convincere e coinvolgere nelle sue ultime pratiche i fautori, i piu puri e santificabili, di una riproducibilità tecnica ada mantina, e insieme, dei nostalgici dell'aura perduta del lo specifico linguaggio delle immagini: già da tempo per altro coinvolti in una deprimente dichiarazione di morte del cinema stesso ed ora gabbati proprio dalla sua perfida astuzia. Poiché non è da dimenticare - e in questi ultimi mesi di austerità lo si rischia spesso - che volgarità si produce là esattamente dove il valore 167
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