Il piccolo Hans - IV - n. 15 - luglio-settembre 1977

(cioè nelle successive inquadrature i personaggi man­ tengono le stesse posizioni rispetto ai lati dello schermo) si può considerare una forma di quasi-soggettiva. La cinepresa, pur non assumendone esattamente la . posi­ zione, si affianca di volta in volta a uno dei due perso­ naggi e « guarda» verso l'altro. Anche in questo caso, come per la soggettiva vera e propria, il personaggio della finzione diventa un polo d'attrazione per la cine­ presa, stabilisce nello spazio punti di vista preferenziali. Lo spettatore, uscendo dallo sguardo impersonale in cui finora è stato coinvolto, può assegnare il suo sguardo a un personaggio « reale» e quindi identificarvisi. Nel sistema di sguardi a vuoto di questa sequenza ciò non può accadere, l'identificazione ·èl continuamente frustrata: ciò che viene costantemente ribadito è che chi guarda è un altro. I 2. Lo sguardo in macchina. Ma a un certo punto il si­ stema campo-controcampo si instaura: e precisamente nel momento in cui . i due personaggi, abbracciati ma rivolti verso direzioni opposte, guardano, in primo piano e a occhi sbarrati, nel vuoto. Essi infatti guardano in macchina, in quell'unico buco nero della diegesi che è l'obbiettivo della cinepresa: unico punto di tutto lo spazio circostante (profilmico) in cui non c'è décor, non c'è luogo agibile per la finzione, non c'è realtà rappresentabile. Lo sguardo in macchina si precisa così nella sua natura di esatto opposto della soggettiva: sguardo che non guarda nulla, sguardo che lo spetta­ tore non può assumere come proprio perché egli ne è l'oggetto immobilizzato. Lo sguardo in macchina non è1 fuori campo ma fuori spazio, è uno �guardo, letteral­ mente, utopico. Articolazione fra il codice degli sguardi e il codice ideologico: lo sguardo in macchina si verifica, in questa 150

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