Il piccolo Hans - IV - n. 15 - luglio-settembre 1977

La sequenza si conclude dunque con una sorta di happy end: lo scambio degli sguardi - in un sistema culturale che li proibisce e che infatti subito dopo ri­ prende il sopravvento (« vattene, può venir qualcu,no » - cfr. anche le dichiarazioni sopra riportate di De Santis) - è avvenuto. Microracconto concluso a cui il codice degli sguardi e quello, ad esso collegato, dei mo­ vimenti dei personaggi hanno fornito la .manifestazione figurativa. E in effetti la sequenza può essere letta se­ condo uno schema narratologico che fa dello scambio degli sguardi la posta in gioco, l'oggetto della · cerca (quete), conquistato dopo una serie di prove, fallimenti, superamenti di ostacoli. Prima sottosequenza: distacco dell'eroe dalla famiglia, prima prova, fallimento e ri­ torno alla situazione iniziale. ,Seconda sottosequenza: serie di prove che culminano in una prima conquista, l'abbraccio. Terza: sfruttamento della situazione per l'ottenimento della posta finale. La sequenza, che come si ricorderà si colloca all'inizio del film, si presenta così anche come suo concentrato, esperimento altamen­ te simbolizzato dello svolgimento narrativq del resto del film. Perché racconto vi fosse occorrevano appunto prove e ostacoli da superare. Ma questi non sono solo quelli del codice antropologico-culturale: gran parte degli osta­ coli sono stati collocati o costruiti, sul cammino dei personaggi, proprio dai codici più specificamente cine­ matografici, e essenzialmente dal codice dei rapporti fra sguardi-movimenti e posizioni della cinepresa. Ab­ biamo già rilevato nel corso della descrizione dove, e quanto frequentemente, tale codice fosse utilizzato in maniera non-grammaticale: soggettiva impostata e poi non realizzata (inq. 1-2), controcampo dato e successi­ vamente sottratto (inq. 14-15), entrate in campo da po­ sizioni non precedentemente giustificate (inq. 15) fino alla sistematica pratica dello sguardo in macchina (inq. 148

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