Il piccolo Hans - IV - n. 15 - luglio-settembre 1977

che fare con un cinema di «transizione»: dove però il corpo maggiore era quello rivolto al '«già dato». Dunque, non un aggiornamento: oggi la trasforma­ zione, a guardar bene, è più radicale. 5. Localizziamo una delle cifre emergenti: il ritmo di . una marcia, il tempo di una battuta. Da una parte due passi indietro per farne uno avanti: ciò che qui gioca è il desiderio di saldare visibilmente il cinema degli anni sessanta, con tutto il suo soggettivismo e l'appa­ renza dell'imprevisto, e il cinema classico, con l'ordine dei suoi archetipi, impersonale ma di tutti. Ed ecco in­ fatti, tra gli altri, il delirio dell'ipercontrollo, dove si assolutizza fino a farla esplodere la figura del regista demiurgo, e dove insieme si annulla ogni resistenza nell'utopia di una comunicazione del tutto trasparente: ad esempio - e non scandalizzi la coppia - Barry Lyn­ don e Novecento. Dall'altra due passi avanti per fare un passo indietro: ciò che qui gioca è il desiderio di coordinare le acquisizioni del medium cinematografico, sul versante soprattutto delle tecnologie leggere, e l'in­ sorgenza di media nuovi quali l'assemblearità, il mili­ tantismo, ecc., con la riconquista di una funzione par­ tecipativa a ciò che sullo schermo ·<< si vede». Ed ecco infatti - anche qui, non ci si scandalizzi alla coppia - il cinema del circuito politico e i club-cinema con la loro neo-cinefilia: in entrambi i casi c'è la maggior possibilità di produzione o di circolazione dei film grazie all'uso «normale» dell'8 o del 16 mm., la costituzione di gruppi in cui ci si può riconoscere (nel doppio senso: ritrovarsi uniti da qualcosa, e salutarsi per nome quan­ do ci si incontra), e come risultato un cinema sicuro nella propria settorialità, per pochi addetti ma disposti, per far partecipare chi già partecipa, nell'istituzione di una fratria. 123

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