Il piccolo Hans - anno IV - n. 14 - aprile-giugno 1977
o adagio, alle note che esplodevano e si spegnevano e a tutta -l'altra esistenza, che c'era stata , delle voci, e alla velocità, che cambiava, e al1o scorirere, ora fluido ora impacciato, regolare o sincopato o interrotto, delle parla te: niente era entrato nella trascrizione, e questa assen za era un · motivo dell'impaccio, delle difficokà che provavo nel riconoscere. Non era il solo motivo, ma il primo che avvertii e -l'indizio di molti altri. Nel registra tore i timbri diversi e l'impasto delle voci, la natura e il peso dei silenzi, tutto quel variar.e di toni e di velocità, la gamma e i balzi delle note e quello scorrere mutevole si dovevano ritrovare in qualche modo; deformati e di storti quanto si vuole, dovevano pur essere rimasti, in trinseci e organici, nel corpo del discorso. Questo corpo, nel registratore, era certamente diverso dall'altro, forma to e dissolto nelle tre sere, ma nel cambiaimento viveva, restava vivn della vita mutata dell'altro. Nei fogli ,della trascrizione questa specie di vita non c'era più: i silenzi e la varia natura delle interruzioni erano brevi ed inerti cifre didascaliche; forse certe accelerazioni e certi affan ni restavano, fermati, nella densità -e nell'asindeto di alcu ne pagine, ma il discorso non era facilmente riconoscibi le anche perché era del tutto privo di quella varietà del movimento e delle voci. Così pensai subito; altri motivi mi parvero trascurabili: per esempio, l'assenza delle per sone e dei gesti, di cui non immaginavo traccia e il cui ri flesso comunque non avrei mai saputo discernere nella for ma e·nel senso dei nostri discorisi; ed altri motivi, precisi e calcolabili, appartenevano all'intrico della memoria. I fogli contenevano tutto il trascrivibile: non mi con segnavano lo scheletro di un discorso, ma un corpo meti colosamente cadaverizzato, fissato ed esposto in tutti i particolari - oome farfalle di un entomologo -, nella rigidità (rigore della mano trascrivente) anatomizzabile fin nelle minuzie. Vi scoprivo nei punti più laboriosi un intercalare, a momenti firtto, del quale parlando non mi ero mai accorto. Quel cadavere, proprio la forma cadaverica, la facies hippocratica di un discorso, parlava (e ancora parla) molto. 56
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