Il piccolo Hans - anno IV - n. 14 - aprile-giugno 1977

gia. Da tanto tempo ormai neppure nei romanzi c'è un intreccio ordinato, regolato, armonico, provvidenziale, co­ me ai bei tempi antichi di Jane Austen, o Tolstoj. Ma anche nel meandri di nùblino - il Labirinto, o nelle ··curve della testa di Finnegan che veglia, c'è poi un intrec­ cio, uno scorrere del Tempo che segna nel linguaggio la bildung (foss'anche nella forma di un-bildung) del sogget­ to: anche se quell'intreccio (l'intreccio di cui è capace il · '900) fa coincidere . tutta la storia con il capitolo censura­ to, c'è pur sempre una attività della memoria che si aggira intorno a una verità, magari rimossa, magari altro­ ve, ma che può essere ritrovata, nella lettura del testo, nella materialità del corpo,«nei momenti... nei documen­ ti... nell'evoluzione semantica... nelle tradizioni... nelle tracce, infine, che di questa storia conservano inevitabil­ mente le distorsioni rese necessarie dal raccordo del capi­ tolo adulterato con i capitoli che l'inquadrano, e delle quali la mia (è Lacan che parla) esegesi ristabilirà il senso». Fin qui, il moderno. C'èJ poi il contemporaneo, anzi «i nostri contemporanei», i nostri-mostri, i nostri-mo­ stri-barbar-i. Il contemporaneo ha operato dei modi tem­ porali 1 lia catastrofe: come uno slittamento, o una fra­ na, con cui ha investito 1a loro «insopportabile» gerar­ chia. Il sentimento del passato genera in lui insofferen­ za: il passato è un universo di prodotti, un'area estra­ nea nel tempo e ndlo ·spazio, una città, un negozio, una vetrina, delle istituzioni, una scuola, una borgata, che si possono tutte indifferentemente distruggere. Insofferen­ te della trama continua che lavoro alla bildung, il con­ temporaneo opera con strappi, le accensioni improvvise della rabbia, il furore istantaneo, lo sprazzo cupo di una energia di violenza. La discontinuità è il suo modo, un modo .che non ha tempo se non quando accade, nell'istan­ te; del tempo infatti il «nostro contemporaneo» si vuo­ le liberare neWautomatismo della ripetizione dello stesso gesto fissato nell'istante, e non progettato, né progettua­ le, o nella scarica che non«trattiene», e di cui non vuol portare memoria. Allo stesso modo vuole non che la 161

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