Il piccolo Hans - anno IV - n. 14 - aprile-giugno 1977

ti», o « piscia anche tu su Colletti», o « tira i palloncini su Lama». Il desiderio si fa azione malevola. Un'attività maligna perfino meschina: non il piacere di far violen�a, la voluttà « de faire le mal pour , le plaisir de le faire», che troverebbe in sé la propria compensazione, e ricreerebbe una solidarietà ·sociale {un mandato e un di­ ritto alla crudeltà), ma un grande disgusto, una vuota volontà del · nulla, che nasce da una coatta tortura su se stessi. Non la seconda società di cui parla il professore comunista, ma la società niente affatto; al suo posto, la volontà di azzeramento, e dunque la smemorizzazione. Far fuori la Storia è finirla con la memoria; esaurire la memoria, consumarla tutta nel presente, per non par­ larla più. La violenza che ho visto, durante questi giorni, è la violenza che rompe il patto sociale, anche nelle sue più progressiste versioni, nelle sue più avanzate forme ideologiche. L'offesa si rivela apertamente nel linguag­ gio; è l'offesa del linguaggio ridotto a rumore, a disarti­ colata balbuzie; ed è offesa con, per mezzo del linguag­ gio di ogni residuo, umanistico, pensiero di continuità del Tempo. La relazione al tempo si mostra nel linguaggio. Se il tempo è valore, il linguaggio è, umanisticamente, Memo­ ria, Tradizione, Sentimento della Legge. Il rapporto alla Lingua è rapporto ad una comunicazione già in esisten­ za, in cui la pr:esenza del soggetto è segnata come resa a quella storia, e alla Lingua che la parla. La resa può anche darsi - positivamente, parrebbe... - come assun­ zione, da parte del soggetto, della ·storia intesa come propria bildung. E' quindi un atto di memorizzazione che segna l'entrata del soggetto alla scena sociale, al tempo, alla storia. Qualcosa può sempre mancare, da qualche parte può sempre ,esserci un vuoto, un vuoto di memoria, appunto, o la scelta dell'oblio: la temporalizza­ zione non deve più necessariamente darsi come cronolo- 160

RkJQdWJsaXNoZXIy