Il piccolo Hans - anno IV - n. 13 - gennaio-marzo 1977

Se non esistesse l'impotenza a rendere, malgrado la ,capacità di ricevere, non vi sarebbe nemmeno l'accre­ scimento di chi dà per non ricevere. Chi dà per non ricevere prende ogni volta possesso di chi, avendo rice­ vuto per essere, non può rendere; quest'ultimo si è · già dato tutto intero alla potenza che si accresce, invece di diminuire, dando senza ricevere per riprendere più di quel che ha dato. Nel mondo della fabbricazione industriale ciò che co­ stituisce l'attrattiva non è più quello che sembra natu,ralmente · gratuito bensì il valore di quello che è natu­ ralmente gratuito; un'emozione voluttuosa {non comu­ nicata o incomunicabile) e innanzi tutto indifferente e senza valore nel senso che ciascuno può provarla. Ora, essa è meno indifferente e acquista in valore dal mo­ mento che ciascuno_, sempre suscettibile di provarla, non può procurarsi il mezzo di provarla immediatamente; se infine è unica nel suo genere - e solo un numero limi­ tato di individui può procurarsela in quanto unica - allora, o non è affatto valorizzabile, o il desiderio di ,provarla le assicura il massimo valore. Questo è il pro­ getto mercantilizzatore dell'emozione voluttuosa. Credere tuttavia che questa operazione sarebbe la sordida azione dell'avidità di guadagno, significa veramente farsi cieco davanti alla natura della sensazione voluttuosa. · Rovesciando il proverbio di teatro citato da Stendhal: ·« Quella che non avrebbe trovato da donarsi, trova da vendersi», Nietzsche scrive: « Nessuno la vuole donata, bisogna quindi che si venda», esprimendo in tal modò il processo stesso dell'emozione voluttuosa. Forse che allora lo sfruttamento industriale risponderebbe a que­ sta strategia implicita al godimento? Il segno di equivalenza più generale, nel campo degli scambi, rimane sempre la moneta secondo una funzione analoga a quella della parola nella comunicazione. L'in­ telligibilità (economica) dell'oggetto d'uso sul piano del- 82

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