Il piccolo Hans - anno IV - n. 13 - gennaio-marzo 1977

o di unico nel suo genere. L'assurdità di tale analogia rende conto del rovesciamento che le forze impulsionali subiscono a livello dell'enunciato economico dei bisogni e degli oggetti fabbricati concordanti. Il rapporto tra l'emozione procurata ora dall'atto ora dall'oggetto vi­ vente e la produzione propriamente detta rimane asso­ lutamente incomprensibile per via di due sfere del com­ portamento umano che sembrano incompatibili date le condizioni che lo determinano. Il fatto è che nell'ordine economico la capacità di lavoro è all'esatto opposto della vita affettiva in generale, dell'emozione voluttuosa in particolare. Come assi . milare allo sforzo esercitato sulla materia vivente o inanimata l'atto che esprime un'emo­ zione? Se quest'ultima . si traduce in 1:1n insieme di gesti formanti un'attività concertata, è sempre e soltanto una messinscena dell'emozione. Quale probabilità vi è che l'uso di oggetti fabbricati sia mai . comparabile con i 'trattamenti, fossero anche i peggiori, che si possono infliggere a esseri viventi? Simili questioni non sono nemmeno concepibili i n . campo economico finché non si · riconosce che lo stesso affetto, proprio come il lavoro, « produc� », che l'emo­ zione voluttuosa �< fabbrica » l'immagine non dell'essere vivente che formerebbe il proprio oggetto, bensì di un aspetto di quest'ultimo, affinché l'emozione p9ssa sol­ tanto trattarlo da oggetto, quindi il fantasma con il quale l'emozione si elabora e si accresce. Ma questa fabbricazione in quanto tale non pare qui essere ancora altro che un termine analogico, perché non è affatto separabile dall'emozione, la quale è il contrario dello sforzo. Ora, ciò che forma un tutto indissolubile nella sfera impulsionale: emozione voluttuosa, istinto di propaga­ zione, fantasma, può scomporsi solo a livello di com­ portamento conscio in altrettanti fattori che hanno la 70

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