Il piccolo Hans - anno IV - n. 13 - gennaio-marzo 1977

Questo saggio riproduce, con qualche ampliamento, una relazione tenuta . al recente convegno di Palermo su «Strutture semiotiche e strutture ideologiche» organizzato nel dicembre 1976 dal «Circolo semiologico siciliano». 2 Di Jurij Lotman si veda in particolare il saggio «Il pro­ blema del segno e del sistema segnico nella tipologia della cultura russa prima del XX secolo» in Ricerche semiotiche, a cura dello stesso Lotman e di Boris Uspenskij, Einaudi, 1973, dove viene mes­ sa · in evidenza l'opposizione tra modello semantico o simbolico (medievale) e modello sintagmatico (post-rinascimentale). Nel primo: «Il segno aveva importanza per la sua funzione di sosti­ tuzione. Questo subito metteva in risalto la sua natura duplice: il sostituto era considerato contenuto e il sostituente espressione. Per questa ragione il sostituente non poteva avere valore auto­ nomo: esso riceveva un valore a seconda del luogo gerarchico del suo contenuto nel modello generale del mondo ». Nel secon do: «Il significato di un uomo o di un fenomeno era determinato non dal suo rapporto con le essenze di un altro piano, . ma dal suo inserimento in un piano determinato». All'epoca di Shake­ speare in Inghilterra · il modello simbolico s'era incrinato · a tal punto da risultare epistemologicamente quasi inservibile, ma il modello sintagmatico non si era ancora imposto come una nuova, coerente, visione del mondo. Naturalmente i due modelli corri­ spondono a due strutture economiche diverse, feudale e , mer cantile-borghese. Secondo l'utilissima distinzione posta più di vent'anni fa da J.L. Austin, in How to do things with words, tra «locuzione,;, · atto linguistico in senso tecnico, «illocuzione», effetto dell'atto linguistico che modifica i rapporti fr _ a gli interlocutori, e «per­ locuzione», fine dell'atto linguistico che mira ad ottenere qualcosa in maniera spesso occulta. • In tutti i drammi storici i nobili, per così dire, di contorno fanno uso in genere di tale linguaggio. ' Per un'analisi della riflessione shakespeariana sull'arte, con scacco finale, nel grande canzoniere celebrativo, rimando al mio studio I sonetti dell'immortalità, Milano, Bompiani, 1975 (II edi­ zione accresciuta, 1976).- • E' açl.dirittura ovvio osservare che Shakespeare transcodi­ fica lo spirito repubblicano della Roma di Plutarco in certe sedi­ zioni antimonarchiche del suo tempo e nell'insorgente ethos borghese che, nell'Inghilterra elisabettiana, opponeva il nuovo poJere reale della Camera dei Comuni al vecchio potere simbo­ lico della Corona, la pressione partecipativa e materialistica dei mel.'canti, degli avvocati e della « gentry» all'intransigente pre­ sunzione monarchica (da Enrico VIII a Elisabetta e a Giacomo I) dell'investitura dÌvina dei re. Cfr. J. Lotman e B. Uspenskij, « Mito - Nome - Cultura» 135

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