Il piccolo Hans - III - n.12 - settembre-dicembre 1976

tinua, «sotto la specie dell'anagramma: salivi» (Agosti, ibid.), a vivere soprattutto grazie alla i tonica, sarà bene il nesso ivi che costituisce in A Silvia il nucleo o centro da cui irradia la più viva luminosità, quella che più d'un lettore ha visto concentrata nella fine del verso negli occhi tuoi ridenti '? fuggitlVI, luogo in cui riconosciamo la massima partecipazione sentimentale del poeta, la mas­ sima intensità del desiderio. Se passo alle Ricordanze, ecco che «Nerina» s'illumi­ na di disperata tenerezza giusto nel vuoto funereo lascia­ to dal petrarchesco «spenta»: (...) E qual mortale ignaro Di sventura esser può, se a lui già scorsa Quella vaga stagion, se il suo buon tempo, Se giovanezza, ahi giovanezza, è spenta? O Nerina! (...) Avrete notato che o Nerina è perfettamente paral­ lelo a Di sventura. Il nome è ripreso a notevole distanza (ventun versi) con variata esclamazione e al centro del verso (l'accento principale, di 6 a , è sulla nostra vocale)): E giacevi. Ahi Nerina! In cor mi regna l'antico amor. Indi, entro breve giro, anaforicamente (onde prende risalto mia, la cui m sarà tanto petrarchescamente atti­ va nel verso seguente): Dico: o Nerina, a radunanze, a feste Tu non ti acconci più (...) ( ... ) Dico: Nerina mia, per te non torna Primavera giammai, non torna amore. ( ... ) Dico: Nerina or più non gode; i campi, L'<;1-ria non mira (...) 145

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