Il piccolo Hans - III - n.12 - settembre-dicembre 1976

mentre nel verso seguente, subito sbalestrante, (Noire è uno strano squarcio) parlano, quasi orgiasticamente tra­ smutando, le tenebre, ma all'ineccepibilità deUo spartito concorrono, si direbbe secondo un impulso di sempre ac­ certabile in tutti i grandi poeti, un'altra i, tonica e un'al­ tra i atona. Una scorsa ai Fleurs du mal m'incoraggia a credere fermamente che questa Nuit luminosa è influenzata da altre notti e crepuscoli nei quali l'idea di luce è per lo più lessicalizzata, non necessariamente in funzione del buio. Non resta che cercar di definire nella sua concreta interrelazione testuale il per sé astratto, o immotivato, fonema i, . che, posto il sistema (il famoso triangolo), avantutto accade, ripetiamo, di opporre a u grave. Non tutti si saranno accorti che Dante, lasciato il luogo aper­ to, luminoso e alto (116) dove si fa il miglior uso della ragione (in Petrarca, son II 12, la rocca della ragione è un poggio faticoso e alto), spegne il Canto IV dell'In­ ferno con una u: E vegno in parte ove non è che lUca e nel quinto, vv. 28-9: Io venni in loco d'ogni lUce mUto, che mUgghia come fa mar... Nessun sospetto di ridondanza epitetica desterà allo­ ra il frequente uso dantesco del sintagma formato da «vivo» e «luce» («lume»): O isplendor di VIVA LUCE etterna, Purg. XXXI 139, ché quella VIVA LUCE che si mea, Par. XIII 55, e per la VIVA LUCE trasparea, · Par. XXIII 31, così mi circonfulse LUCE VIVA, Par. XXX 49, ecc.,ecc. Giusto nel sonetto Le tombeau de Charles Baudelaire di Mallarmé, le due quartine hanno rime «estreme» in ' u e in i . Il salto vocalico è così sensibile, così semantica­ mente pregnante, che non devo spenderci parole. Tra- · 142 ·.

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