Il piccolo Hans - III - n.12 - settembre-dicembre 1976

è luogo erotico proprio per quella equivalenza che realiz­ za tra la stanza e il corpo umano. Ogni oggetto, nel boudoir, è antropomorfico. Sta, metonimicamente, al po­ sto del corpo intero e, a sua volta, il corpo intero è legato visceralmente al suo oggetto, in quanto o:rgano del corpo. La descrizione ha uno sguardo (Jachimo) e un fuoco: Imogene stessa, che centralizza quello sguardo e rende il luogo che abita contorno. Su di Lei è il primo piano, !Utto il resto è nella profondità di campo. Finchè lo spazio di racconto è indefinito, e non oggetto da descri­ vere, il personaggio poggia saldamente i piedi sulla sce­ na, sicuro della propria supremazia rispetto al mondo delle cose. L'arredo è indefinitamente irrilevante nello spazio tragico: il narcisismo dell'eroe tragico è narcisi­ smo linguistico, che si rappresenta nella esibizione verba­ le, nella retorica del gesto. Lo spazio dell'interno come intérieur è il luogo del borghese, della sua relazione di crisi con l'oggetto. Il display of wealth sostituisce ,l'esibi­ zione di sè; l'interno si fa vetrina; della dialettica esse­ re/apparire si mette in mostra l'apparire come fonda­ mento dell'essere, l'oggetto come soggetto del racconto. Nel ;moderno boudoir della Dama eliotiana, non è la Don­ na ad investire della propria immagine gli oggetti, ma sono gli oggetti che compongono la Donna, che risulta effetto di citazione, non corpo. 3.6 La forma bastarda - La scena di interno emerge nel boudoir di Imogene, come sguardo voyeuristico e intrusivo; non c'è il permesso di guardare. Quello sguar­ do impuro porta male, perché fa racconto di ciò che è segreto, irraccontabile, irrappresentabile. E' lo stesso pec­ cato che si ,legge negli occhi dei vecchi che spiano Susan­ na al bagno; la stessa colpa che , struttura la relazione del bambino ai genitori, dopo che lo sguardo si è mac­ chiato della scena primaria. Lo sguardo caduto scopre il corpo, e consuma in quell'istante ,l'innocenza: vede 129

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