Il piccolo Hans - III - n. 11 - luglio-settembre 1976

copie est une image douée de ressemblance, le simulacre une image sans ressemblance. [...] Le simulacre est construit sur une disparité, sur une différence, il inté­ riorise une dissimilitude. C'est pourquoi nous ne pouvons meme plus le définir par rapport au modèle qui s'im­ pose aux copies, modèle du Meme dont dérive la ressem­ blance des copies. Si le simulacre a encore un modèle, c'est un autre modèle, un modèle de l'Autre dont découle une dissemblance intériorisée». Esperienza dunque dei «simulacri», quella di Romiti in questo periodo. E cioè di forme perverse, essenzial­ mente diversive, costruite a partire dall'interiorizzazione di una differenza, di una dissimiglianza, di una '«fonda­ mentale alterità», e che, sul piano cromatico, si traduce nell'ostentata artificialità delle cromie dei singoli testi. Differenza, dissimiglianza, alterità «fondamentali» in quanto presumono l'espunzione radicale del modello e della stessa idea di modello. Prima di costituirsi, i «si­ mulacri» non hanno insomma altro che il vuoto creato dall'assenza di ogni forma visibile o pensata. -E' proprio attraverso l'esperienza del «non-essere» del simulacro �Deleuze), o della sua differenza interio­ rizzata, che Romiti perviene - sia pur rovesciandone i termini - all'esperienza della « brisure », della differen­ za-articolazione in quanto elaborazione attiva del for­ marsi stesso della visione (Darstellung). E se l'esperienza del simulacro è, nel nostro caso, forse più concettuale che «pittorica» ( e cioè più dell'ordine dell'immaginario che del simbolico ) si dirà che es,sa, ,in Romiti, non avrebbe potuto realizzarsi se non nella pittura e come pittura (e perciò, in definitiva, come pratica simbolica. Del resto, nella citata descrizione di Deleuze si parla appunto di «simulacri-fantasmi»). D'altra parte, è abba­ stanza sintomatico che - almeno stando alla disposi­ zione fornita dall'allestimento bolognese - proprio negli anni della più inquieta attività attorno a quelle forme 39