Il piccolo Hans - III - n. 11 - luglio-settembre 1976

sostituirsi, in questo periodo; l'oggetto - o magari il «ricordo» dell'oggetto - contemplato nel suo isola­ mento o eventualmente nella sua relazione con un altro oggetto: come se la mimesi dell'«idea» non potesse essere espunta altro che sostituendole una mimesi della realtà. Ma in effetti non si tratta di mimesi di realtà (mimesi di oggetti o di «ricordi» di oggetti), quanto proprio del contrario. E cioè di operazioni di distanzia­ mento, di differenziazione, di dissomiglianza dalle stesse possibilità «formali» degli oggetti. O, il che è lo stesso, della finzione di una imitazione. Su spazi non articolati e appena appena sommossi da lievitazioni interne di cromie artificiali, a volte vaga­ mente fantascieritifiche, si ritagliano «forme» libere, aperte, segmentate, diffratte (in genere, ripetiamo, una sola forma, o al massimo due per ogni quadro), che potrebbero ricoI'dare, volendo, certi oggetti spiccatamente tecnologici della nostra epoca. In realtà non ricordano nulla. Come abbiamo già detto, il processo pittorico che le costituisce si definisce in quanto lavoro di differenzia­ zione e di distanziazione da ciò che non s-i dà ,se non come vuoto, come intervallo nudo, come sospensione o cancellazione di ogni forma possibile. Credo che la nozione più pertinente - e anche più illuminante - che si potrebbe applicare a queste singo­ lari «forme tecnologiche», sia quella di «simulacro», secondo la descrizione e la definizione che ne fornisce, ad esempio, Deleuze nell'ambito d'una riflessione sul con­ cetto platonico di «copia», dibattuto nel Sofista: «Les copies sont possesseurs en second, prétendants bien fon­ dés, garantis par la ressemblance; les simulacres sont comme les faux prétendants, construits sur une dissimi­ litude, impliquant une perversion, un détournement essen­ tiels. C'est en ce sens qùe Platon divise en deux le do­ maine des images-idoles: d'une part les copies-icones, d'autre part les simulacres-phantasmes ». O ancora: «La 38

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