Il piccolo Hans - III - n. 11 - luglio-settembre 1976

dei referenti {la realtà e le « occasioni» della realtà, il percepito e il vissuto) scavalcando il piano dei « signi­ ficati». Tuttavia, se attraverso l'espunzione dei concetti, dei significati, delle ideologie della rappresentazione, l'ela­ borazione del visibile appare tutta demandata alla stru­ mentazione cromatico-spaziale del « sistema» o « insie­ me», resta pur sempre il fatto che il testo pittorico promana_ da quella che abbiamo denominato « imma­ gine mentale» o « figura». Che esso risulta, insomma, asservito a un modello di cui costituisce la mimesi. La composizione degli -insiemi, da un lato liberata dalla ideologia della rappresentazione, dall'altro protetta contro le evasioni neH'immaginair"io, rimane vincolata agli schemi preordinati della bellezza. Le sbavature formali, le sprez­ zature e spezzature volontaristiche del disegno, nonché quel « riserbo cromatico» di cui parla Rubiu nella citata monografia e che contraddistingue numerose opere di questo periodo - che infatti appaiono, pur nello splen­ dore dei timbri e dei rapporti cromatici, quasi sotto­ poste a un processo di scoloratura - saranno perciò da intendere anche come una consapevole difesa di Romiti da quei canoni intemporali: difesa dalle tentazioni della perfezione, elusione dei vincoli di una mimesi di mo­ delli ideali. Ed è proprio all'abolizione della « figura mentale» in quanto modello cui adeguare la somma delle opera­ zioni pittoriche, che Romiti s'applicherà nel periodo suc­ cessivo (1956-1960, all'incirca) - periodo forse etero­ geneo, e magari a volte smarrito, se giudicato dal punto di vista esclusivo dei risultati, ma di straordinaria im­ portanza se considerato dal rispetto della speculazione concettuale e della tensione conoscitiva immanenti a quei risultati medesimi. Tale abolizione sembra prendere la via d'un ripri­ stino dell'oggetto. Alla « figura mentale» intesa quale misura riduttiva della realtà e modello di mimesi, sembra 37

RkJQdWJsaXNoZXIy