Il piccolo Hans - III - n. 11 - luglio-settembre 1976

ipotesi sfumate, progetto d'approfondimento, obbiezioni ' documentate, resti al di qua della critica ai fondamenti stessi del libro, alla nozione di « letteratura come si­ stema informativo e comunicativo », si trattenga appunto dalla domanda su che ne è del soggetto nella pratica della scrittura. Le questioni poste da Calligaris sulla « nascita della letteratura » (come analoga alla foucaultiana « nascita della clinica»), sull'autore implicito (o le sue implica­ zioni), sul rapporto (di attinenza epistemologica, certo) tra psicoanalisi e scrittura, vanno certo oltre il margine del libro in esame, ma lasciano intendere, del resto di­ chiaratamente, ulteriore lavoro (lavoro della scrittura, appunto). Le obbiezioni di Viola, la sua critica di un progetto insieme totalizzante e riduttivo, restando (certo, dichiara­ tamente) nell'orizzonte istituito dal libro in questione, confluiscono poi nel confronto-conflitto fra lo « spreco sontuoso » che è la letteratura e l'universo dei non-let­ tori, degli esclusi (ma la contraddizione non è dentro il campo della scrittura?). Va detto comunque che lo« spre­ co sontuoso » di cui si parla è quello della letteratura come tale, di un luogo ampio attrezzatissimo e spopolato, di un sistema della comunicazione che come tale produce segregazioni collettive. Maria Corti, replicando, tenta di comporre la frattura tra il testo e l'esclusione dal testo invocando (ottimisti­ camente, forse) l'assorbimento dell'ipersegno nella « tra­ dizione popolare contadina» (valga l'esempio della Libe­ rata) e invocando « segrete mediazioni e sottili » che l'inutilità della letteratura produrrebbe. E tutto il suo intervento pare sfuggire, come il libro, al discorso sulla letteratura come produzione, al lavoro della scrittura, al rapporto che nella scrittura è istituito fra soggetto e istituzione, compresa l'istituzione detta letteraria. Ma importa anche quel che negli interventi è alluso 176

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