Il piccolo Hans - III - n. 11 - luglio-settembre 1976

ludico del fatto, al suo inserirsi in un noto rituale ite­ rativo, così lettera11io: ecco, per esempio, nel Quattro- e Cinquecento le epistole dei letterati umanisti, deputate a risolvere le questioni culturali di una società eminen­ temente colloquiale; o le Lettere settecentesche, vero genere letterario con precise norme comportamentistiche, in cui è deposto con ebbrezza tanto pensiero illuminista. Così, se qualcuno volesse postillare a nostro proposito « sono dentro un genere letterario e manco lo sanno», si sbaglierebbe, perché la giusta ritualità espositiva dei due emittenti e, di rincalzo, quella della destinataria denunciano perfetta conoscenza delle regole del gioco: l'homo ludens, Huizinga già insegnava, è il più serio che ci sia. Mi risulta opportuno, per ragioni che non sono di sola cronologia epistolare, rispondere dapprima a Viola che, a conti fatti, si pone due grosse domande; la prima ridotta ad unguem suonerebbe: può la letteratura essere nel contempo sistema e campo di tensioni, cioè di forze centrifughe, sistema e luogo del « divino disordine della scrittura »? (ma « divino» nella citazione nostra da Borges significava « ambiguo»). Risponderei che per trasformare qualcosa in oggetto di conoscenza bisogna operare un'analisi che porta di necessità una semplificazione dell'oggetto stesso (nel caso la letteratura). Ciò che conta soprattutto è definire con chiarezza in anticipo che cosa si vuol saggiare: per esem­ pio, chi voglia studiare il fenomeno letteratura in fun­ zione della comunicazione letteraria, stabilisce un ordine di graduato11ia degli elementi costitutivi dell'oggetto let­ teratura; come dire che quelli finiti nei piani alti della graduatoria non sono di necessità i più importanti, bensì i più pertinenti alla data ricerca. Tali i concetti di « si­ stema» e di « campo di tensioni»; è naturale che, dei due così isolati, il secondo appaia il solo dotato di un certo fascino e per di più in opposizione all'altro. Vorrei 169