Il piccolo Hans - III - n. 11 - luglio-settembre 1976

circuito semiotico da cui ogni opera trae per noi in­ formazione. Ma prima di quella data? «Letteratura» ancora nel '700 vuol dire solo «insieme delle conoscenze», vedi de­ gli scritti («letterato» del resto, si sa, vale in latino: che sa leggere e scrivere). E d'altro canto il problema che si pone una tipologia della lettura, che è parte di ogni semiologia, è quello di sapere, per ogni epoca dotata di un tipo proprio di segnicità, all'interno di quale cir­ cuito semiotico privilegiato un'opera funzioni. Dunque, se, per esempio, come tu scrivi, il lettore medioevale instaura con l'opera un rapporto «di carattere quasi ritualistico» (p. 59), mi chiedo se noi possiamo ancora affermare che per tale lettore l'opera funziona in un sistema semiotico uguale a quello che si è formalizzato nel XIX secolo come letteratura medioevale. Direi che l'unica affermazione trans-storica possibile è quella che consiste nel dire che, se ogni opera è sempre il fram­ mento di quel che chiamerei - con un calco da Fou­ cault - un «universo dello scritto», all'interno di que­ sto universo si organizzano però nella sincronia dei «tipi» di scritti (sistemi semiotici relativamente auto­ nomi), ognuno dei quali inventa una propria storia, selezionando nella diacronia (nel passato) scritti che riconduce a sé rinnegando i «tipi» dell'epoca prece­ dente. Si potrebbe parlare, immaginando il nostro «Uni­ verso dello scritto» (U) come una superficie piana sud­ divisa in «tipi», di proiezione (in senso geometrico) indebita della suddivisione di U su U-1 sottostante. Breviter: chiamare un testo pre-romantico «lettera­ rio» (ossia riconoscere che per noi esso funziona neì circuito semiot,ico della «letteratu:m» ) non vuol dire misconoscere il circuito semiotico privilegiato in cui esso è nato e da cui attinge all'origine il suo senso? O ancora, più radicalmente: è lecito parlaire di «letteratura» altro che moderna? 159

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