Il piccolo Hans - III - n. 11 - luglio-settembre 1976

contenuti nella « scheda del partigiano Fenoglio, giacente al Ministero della Difesa» {pp. 38-39); e così denu:r;icia, senza presunzione, l'eccesso in cui può cadere il metodo della « ricerca immanente al testo», se si fa intran­ sigente. Così non c'è tipologia o mitologia che non venga rimessa in discussione nel lavoro minuto graduale del- 1'analisi, che non venga provata e riprovata in modo che si traduca (se si traduce) in una morfologia versatile, aperta alla correzione e alla revisione, dell'esperienza della lettura e della ricerca storica. Lo « spazio lingui­ stico» non ha geometria, non si distende nelle simmetrie dell'astrazione: assorbe laboriosamente gli ambiti storici e diacronicamente pragmatici della comunicazione, ha circoscrizioni e propaggini volta per volta determinate, mutamenti e spostamenti riconoscibili nella « densità» e nella vita del testo. Nella vicenda e nella filologia del lavoro anche la definizione del « proprio del linguaggio poetico» perde - contro i riflessi l'abitudinario la nor­ malità della cultura, che l'enunciazione del tema sem­ brava ridestare - ogni accezione metafisica: è un pro­ filo di conoscenze reali, a sua volta una vicenda dialetti­ camente omologata dell'indagine, in cui, per esempio, non rientra prova o dichiarazione di un asserto oggi irresistibile. Gli stessi modi, della cautela e della fer­ mezza, con cui il discorso si applica a correggere e a escludere, sembrano far memoria della lunga puntigliosa perlustrazione nello spazio e nella natura dell'iperfun­ zione segnica: « Ci sembra quindi affermazione non esaustiva quella per cui il linguaggio poetico comunica solo se stesso; essa è valida unicamente in quanto il linguaggio poetico risulta autonomo rispetto ai referenti, cioè a livello di una semantica prima o semantica della lingua. Ma in effetti il testo poetico emette un messaggio che cambia la grammatica della visione dei suoi lettori di fronte alla realtà» (p. 109). 153

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