Il piccolo Hans - III - n. 11 - luglio-settembre 1976
(del romanzo, aggiungiamo, lasciando in sospeso la que stione del racconto, e pertanto sottolineando ancora la discrasia racconto-romanzo come campo cruciale di in dagine). 4. Ma torniamo a Bachtin (contra Lukacs). «Il campo della raffigurazione del mondo muta secondo i generi letterari e le epoche di sviluppo della letteratura», leggiamo. �< Esso è variamente organizzato e in modi diversi limitato nello spazio e nel tempo. Questo campo è sempre specifico» (p. 206). Spazialità e temporalità assumono, come si vede, in Bachtin le caratteristiche di referente teorico fondamen tale nell'ambito problematico che lo (e ci) interessa. Il rapporto tra epos e romanzo (che non si instaura con la sostituzione del secondo al primo contemporanea mente all'affermarsi del dominio borghese, ma ha una sua storia, in Occidente, antica almeno quanto la Ciro pedia o quanto ci rimane o si sa sulla «satira») signi fica soltanto un diverso assetto della temporalizzazione - con la conseguenza regia di un diverso assetto della lingua. Ciò che muta, rispetto all'epos, è la «gerarchia dei tempi»: «Muta radicalmente il modello temporale del mondo: questo diventa un mondo in cui una prima parola (un inizio ideale) non c'è e l'ultima parola non è ancora detta». Il romanzo è sempre «presente» (e relatività); all'opposto dell'epos, che è sempre «passato» (e assolutezza). Essenziale per la sua genesi «logica» è la componente '«comica»: «Tutte le vesti esistenti sono strette {e quindi comiche) addosso all'uomo». L'ironia, potremmo trascrivere, che permea di sé anche i romanzi più «seri» è consapevolezza di questa relatività: del fatto che si narrn non o µu6oç {la favola esemplare) che OEÀ.Qt (insegna), ma una delle tante favole possibili. Que sto il romanzo, in opposizione alla favola, oEÀ.ot: che non vi è nulla da insegnare. E perciò - osserva ancora 147
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