Il piccolo Hans - anno III - n.10 - aprile-giugno 1976
prendendolo .dietro lo specchio. Tale comportamento ripete quello dello scimpan:re che, nella ga:bbia, attende che lo spettatore che è di fronte, fuori dalla gabbia, appoggi incautamente la mano sulle sbarre, per aggre dirlo. Ma anche questa astuzia si palesa c o me un mezzo non idoneo per stanare l'altro; lo scimpanzè perde allora interesse per lo specchio ed i suoi inganni. In questo caso neppure l'ottimo Koehler può testimoniare, alla giovane scimpanzè delusa, che quello che essa vede non esiste in realtà se non come un:a sua immagine. La terza fase si rivela quindi tipicamente umana, con le sue carat teristiche necessarie ed i suoi inganni radicali. Pertanto l'unificazione dell'Io nello spazio avviene, per il soggetto, tramite un processo di astrazione che nulla poteva assicurargli se non la dimensione linguistica. « Perché riesca ad unificare il suo Io nello spazio - scrive Wallon (8, p. 72) - il bambino deve situare il suo lo extracettivo in modo tale che la percezione ne di venti per lui essenzialmente irrealizzabile. Infatti, non appena egli vede fa ,sua propria immagine, essa cessa di coincidere nello spazio con il suo corpo ed egli deve considerarla come priva di realtà; e non appena egli ipotizza 1a realtà del suo a s petto . extracettivo, la deve considerare come inaccessibile ai suoi sensi. Doppia · ne cessità: ammettere immagini che della realtà hanno solo l'apparenza; affermare la realtà di immagini che si sot traggono alla peroezione ». E cioè il soggetto deve entrare inizialmente in quello che per lui è un dilemma: immagini sensibili, ma non reali; immagini reali ma che sfuggono all'esplorazione peroettiva. L'ordine che scaturisce dall'attività simbolica ha così il suo inizio: l'irmmissione nel sociale coincide con la cattura del soggetto. L'inaugurazione della sua identità è il punto d'arrivo che può essere raggiunto soltanto tramite la mediazione dell'altro. La pluralità obiettiva 96
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