Il piccolo Hans - anno III - n.10 - aprile-giugno 1976

gine riflessa. poniamo della madre o del padre, e le immagini provenienti da persone reali. Nel caso sia pre­ sente anche una figura estranea o relativamente meno conosciuta dal bambino, quest'ultimo tende ad osservare alternativamente, in modo privilegiato, la propria imma­ gine e la figura reale dell'estraneo. L'estraneità della figura reale della persona poco nota o sconosciuta è, a questo punto, per il bambino, paragonabile alla estra­ neità della propria immagine riflessa. In altri termini, il bambino è in grado di riconoscere il volto e la figura delle persone che gli sono abitualmente vicini ma non può riconoscere la propria immagine riflessa come appar­ tenente al proprio corpo in quanto ovviamente non ha mai avuto la possibilità di vedersi: inoltre questa imma­ gine propria ha per il soggetto il carattere di realtà. In questa prma fase ·il bambino incomincia a porre in relazione l'immagine riflessa della persona che ha accanto con la persona stessa: ciò sta ad indicare la veri­ fica di un rapporto ed esprime senza dubbio un atto di conoscenza; tuttavia il bambino stesso rimane fermo ad una relazione di somiglianza e di concomitanza tra l'im­ magine e il modello, senza riuscire a ricondurre l'una all'altro in uno schema di subordinazione. L'immagine riflessa (la propria o di un altro) e l'immagine delle per­ sone reali che ha vicino hanno, a questo livello, una dignità rieale che non costringe il bambino ad una scelta o ad una riduzione. Inoltre quando il bambino dinanzi alla propria imma­ fine riflessa o a quella, poniamo, del padrie si vo1ge sorridendo verso quest'ultimo, compie una scelta obbli · gata che lo conduce a coglierie un rapporto con un repere (in questo caiso il viso del padre) che gli appartiene molto di più dell'immagine propria riflessa. Il bambino cioè si riconosce di più nel volto familiare che non nell'imma­ gine del proprio. L'illusione della realtà dell'immagine speculare e l'illu- 90

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