Il piccolo Hans - anno III - n.10 - aprile-giugno 1976
nato di produrre); è un apparato politico di ridistribu zione della terra che permette una coltura individuale anziché collettiva. Di conseguenza, ogni produttore fa «ciò che vuole» della sua produzione, può in particolare vendere i suoi prodotti e accumulare «liberamente». Indubbiamente, il mir impone ai suoi membri certe re gole, ma esse sono destinate a facilitare la coltura indi viduale dei varri appezzamenti, il che non ha nulla a che vedere con una coltura collettiva. L'unico «residuo» di un vecchio modo comunitario di produrre è cos.tituito da alcune pratiche di aiuto reciproco tra vicini. Queste sono tuttavia limitate e spesso lo sviluppo degli scambi le trasforma introducendo il pagamento per i servizi resi. Le ineguaglianze che così si creano dipendono dal fatto che dietro la facciata «comunitaria» del mir, la realtà fondamentale è il lavoro particellare, la coltura e l'allevamento individuali, la proprietà privata degli stru menti di lavoro, soprattutto degli animali da tiro. Come Marx rileva ,già nel 1881, il mir si decompone .dall'in terno perché «il lavoro particellare [è una] fonte di appropriazione privata [che] dà luogo all'accumulazione di beni mobili», ossia a una differenziazione sociale. Questa incide necessariamente sul funzionamento della assemblea contadina che regola gli «affari comuni» e Ja ridrstribuzione del1e terre. A poco a poco il mir, all'ori gine «ugualitario», diventa uno strumento di consoli damento e di riproduzione delle ineguaglianze econo miche e sociali. Tra '1a fine del XIX e l'inizio del XX secolo, questa evoluzione è favorita dai proprietari fon diari, ai quali il mir è praticamente subordinato, e dallo sviluppo generale del capitalismo 37 • Ora, è ben vero che il mir «non corrisponde a un modo di produzione», ma Bettelheim si sbaglia di gr o sso se, per una «certain judical blindness» s'illude con questo di poter «fare piazza pulita» dei populisti, dei 51
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