Il piccolo Hans - anno III - n.10 - aprile-giugno 1976

della sua consapevolezza, di relegarlo in un angolo della sua testa. E' su questa conclusione che non sono d'ac­ cordo. Ho un'altra idea in mente. Che mi incoraggia a traduue in modo ancora diverso il sottotitolo del libro. Ma per -poter1o fare ho bisogno di chiedere l'autorizza­ zione a lui, alil'autore. Che vive a New York, insegna alla Columbia. New York non è poi tanto lontana (in termini americani) da Boston: quattro ore di treno. E mia .figha ha diritto di arrampicarsi anche lei sull'«Empire State Building», carne il «suo» King Kong. III) Dove vanno gli intellettuali in America: ovvero: « Santa Madonna, norn ci avevo pensato ». Michael Wood mi aspetta nel «F.a:culty olub» della Columbia University, ai confini di Harlem. Al tavolo accanto ail nostro, un cerchio di studenti intorno ad un giovane cattedrntico. Per quel che capisco, giocano a fare gli studenti democratici che parlano democratica­ mente col professore democratico. Fra noi e loro, su un tavolino basso, un piatto di fornnaggiio fuso color sugna rancida messo cortesemente a disposizione della Facoltà. Michael Wood è piccolo grassoccio dimesso, vestito in modo casuale. Non è americano, è inigJ.ese. E' venuto qui nel 1967, per insegnar-e letteratura comparata. E' vero che ha visto tanto cinema? E' vero, ma solo'«quel>> cinema. Non conosce ii. classici. Non lii ama. Ha scritto un libro su <Stendhal. - E' anche uno «stendhalista», un patito di Henry Beyle? No, non lo è affatto. Non è mai stato in Italia? Mai. E' sorpreso del successo del suo libro? Certo che lo è. Come mai ha scritto un Hbro senza note, non ha raccolto in bibliografia le ricchissime ti.ndi­ cazioni interne? Mah, così: perché voleva fare un libro discorsivo, una chiacch�erata sul cinema. E i colleghi, 197

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