Il piccolo Hans - anno II - n. 6-7 - apr.-set. 1975
che la borghesia non può assicurare la stabi>lità e la durata dello sfruttamento (che essa impone nel,la pro duzione) se non a condizione di condurre una lotta di classe permanente contro la classe operaia. Questa lotta di classe la borghesia la conduce perpetuando o ripro ducendo ,le condizioni materiali, ideologiche e politiche dello sfruttamento. La conduce nella produzione (ridu zione del salario destinato alla riproduzione della forza lavoro; repressione, sanzioni, <licenziamenti; lotta anti sindacale, ecc.). La conduce allo stesso tempo fuori della produzione: e qui interviene il ruolo dello Stato, del l'Apparato repressivo di Stato e degli Apparati ideologici di Stato (sistema politico, Scuola, Chiese, Informazione) per sottomettere la classe operaia attraverso la repres sione e ,l'ideologia. Se lo si legge così, Il Capitale cessa di essere una teoria dell'«Economia Politica» del capitalismo, per diventare , la teoria delle forme materiali, giuridico-poli tiche e ideologiche di un modo di produzione fondato sullo ·sfruttamento· della forza-lavoro salariata - per diventare una teoria rivoluzionaria. Se lo si legge così, si rimettono al loro posto l'eco nomia politica, ,le forze produttive, , la tecnica, ecc. Se le cose stanno così, ci si può fare un'altra idea della lotta di classe, e rinunciare a certe illusioni, come le illusioni «umanistiche», che dipendono dalil'ideologia piccolo-borghese (e che sono il complemento delle illu sioni «economicistiche»). Si è infatti obbligati ad abban donare l'idea che ,la società capitahstica sarebbe esistita in qualche modo prima della lotta di classe, e che la lotta di classe che conosciamo sarebbe propria al prole- . tariato (e ai suoi alleati) in rivolta contro ,le «ingiu stizie» della società. In realtà, la lotta di classe propria alla società capitalistica è consustanziale a11a società capita,listica: è cominciata con essa, e la borghesia l'ha 169
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