Il piccolo Hans - anno II - n. 5 - gennaio-marzo 1975

rie di scritture deprivate, di linguaggi costretti alla subal­ ternità, di catene di immagini dissolte nell'alone del te­ sto e non trasformate in scrittura, di interpretazioni sprecate e consumate nella indotta convinzione che l'o­ maggio al testo è segno di dignità, che la permanenza del testo è costruzione di civihà, che la dipendenza dal testo è il pedaggio sacrificale che dà in cambio 1'annessione nel mondo spirituale della cultura. In questa fedeltà si annegava il sogno di essere a propria volta autori. Ogni filologo è chiamato a distruggere con solerte cinismo il sogno del copista di diventare autore. In nome della integrità del testo, della sua incorrutti­ bile sacralità, è ricomposta una storia artificiale che si arresta un grado al di qua dell'originale. L'originale, introvabile Graal, inquieta le notti dei cavalieri filologi e ciascuno ricompone il suo riflesso nei percorsi avventurosi, leggendone le tracce e guardandosi dalle trappole e dalle orme infide. La critica e la storia del testo, nell'edizione finale, am­ mantate di oggettività, restaurano il corpo artificioso del derivato, promuovono il culto dell'autentico, diffondono la fede nell'Originale. In questo tempio il critico ripren­ de la funzione di custode. Il ne varietur è la interdizione religiosa del critico e la gelosa difesa del suo servizio culturale che non sopporta sguardi dissacranti né ulterio­ ri ricostruzioni anatomiche del corpo del testo. Costituzione del sistema L'opposizione tra lingua poetica e lingua scientifica, 182

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