Il piccolo Hans - anno II - n. 5 - gennaio-marzo 1975

struttura del discorso, una precomprensione sottratta al processo interpretativo e calata di colpo nel testo: si sfilacciano le intenzioni, si appanna l'ideologia, si fa rimbombare e disperdere la domanda che dal testo par­ te, si manipola e deforma il senso e, una volta al di fuori della dialettica ermeneutica, si costringe tutto ad un di­ scorso che funziona, che ricalca le intenzioni del critico. E si è scaricato questo processo nelle leggi inesorabili del tempo, come si trattasse dell'alterazione chimica del­ le pale d'altare, e non invece della proiezione facile del tempo "altro" nel tempo del testo, della intromissione forzata di storia esterna, della decisione politica di sfal­ dare le relazioni di senso per ritardare e confondere la percezione. La storia delle alterazioni del testo segue i processi di feticizzazione e repulsione che la critica delle arti figura­ tive ha registrato con ricchezza aneddotica. E non ha nep­ pure le variazioni sperimentali, le trouvailles avanguardi­ ste, le aggressività esemplari della storia dell'arte. L'al­ terazione del testo compiuta dalla critica è l'integra­ zione, o esplicitazione riduttiva, dell'ambiguità della Gio­ conda eseguita sui banchi di scuola e non nell'atelier dell'artista. La deformazione del senso coincide, in larga parte del­ la storia della critica, con la esplicitazione del senso. Arroccarsi nella catena dei significanti come in un ca­ stello di sicura signoria ha voluto dire relegare l'altro in sotterranei romanzeschi, dove l'accesso a tutti è impedito o a pochi concesso, purché dediti a variazioni impressio­ nistiche. Come, per altro verso, l'agitarsi con magici ri­ tuali nei recessi oscuri del simbolico, ha fatto della criti­ ca un sacerdozio, della ricerca di senso un privilegio esoterico, sicchè scambiare lo spirito con la lettera ha significato stravolgere le funzioni, e lasciare infine che la lettera eserciti impunemente i suoi macabri riti di morte. 179

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