Il piccolo Hans - anno I - n.4 - ottobre-dicembre 1974

sociale. Non è che in seguito che tenteremo di situare quelle sue molle particolari che la psicanalisi ha messo in opera e il cui funzionamento si è trovato, in qualche modo, esacer­ bato. Il nostro obiettivo sarà di determinare la natura di un coefficiente di paranoia collettiva, coefficiente complemen­ tare e inverso a quello che avevo proposto, una diecina di anni fa, sotto il termine di coefficiente di trasversalità. Ci sforzeremo, qui, di rifiutare l'alternativa tra due realtà, una oggettiva, l'altra soggettiva, per prospettare due poli­ tiche possibili; una politica dell'interpretazione, che fa ri­ torno sul passato, che si dispiega nell'immaginario e una politica della sperimentazione, che s'impossessa delle inten­ sità attuali del desiderio, che si costruisce come macchinismo desiderante, in presa diretta sul reale sociale storico. Inter­ pretazione o sperimentazione: psicanalisi « scientifica» o politica del desiderio? Per fondare queste alternative do­ vremo risalire a monte della psicanalisi e della politica quali esse si presentano ordinariamente e tentare di situarle nel . loro rispettivo rapporto al linguaggio. Con che cosa si fa dell'interpretazione? Con della parola! Con che cosa si fa della sperimentazione? Con dei segni, delle funzioni macchi­ niche, dei concatenamenti di cose e di persone. Di primo acchito, i due domini sembrano dover restare separati. E in che cosa l'introduzione della politica potrebbe condurre a una chiarificazione della situazione? A prima vista i senti­ menti, l'azione, la teoria e il macchinismo ritagliano degli ordini di cose differenti che non dovrebbero essere confusi! Eppure ci sembra indispensabile evitare che si cristallizzino in costellazioni immutabili. Questo ci condurrà a risalire ancora più a monte, al di qua della linguistica e a consi­ derare la possibilità di una semiotica che renderebbe conto a un tempo del funzionamento della parola significante e dei segni scientifici, dei macchinismi tecnico-scientifici e dei con­ catenamenti sociali. Un'alternativa politica generale ci si porrebbe allora in seno a uno stesso insieme semiotico su­ scettibile di aprirsi sulle semiotiche a-significanti e tale da autorizzare il passaggio dalle scienze oggettive alle lingue significative e soggettivanti. I semiotici si dividono già tra quelli che riportano la semiotica alle scienze del linguaggio e quelli che fanno del linguaggio un caso particolare, per niente privilegiato, del funzionamento di una semiotica gene­ rale. La conseguenza, a mio parere, di questo dibattito è che 122

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