Il piccolo Hans - anno I - n.4 - ottobre-dicembre 1974

ne, mantenendo un ingombro non risolto nell'ovvietà del-la ripartizione di senso e un peso continuo della funzio- ne strutturale ideologica perché non saltino i poli della . funzione soggettiva e oggettiva, nella afunzionalità stel­ lare della copia delle visioni-nebulose il soggetto sembra _ allontanare il limite ideologico e si svela come quel di­ scorso del male, quell'estrema tautologia, in cui le in- finite variazioni narcisistiche e identificatorie dell'io as-sumono nel cerchio proprio di luce, nella veglia, il vero , compimento dell'opera, dell'unica vera copia: il discorso ,della verità. Qui il soggetto non fa macchia è come uno spazio· vuoto su cui figure indistinte si muovono, parlano e · guardano, uno spazio, un testo i cui caratteri sono incom- prensibili al soggetto dell'enunciato, questi caratteri fis--sano dal manoscritto, nell'indistinto della visione nebula-sa, una posizione decentrata del soggetto. Per una terza pos1z10ne, non numerica, e un'us c ita . dalla copia. L'incontro notturno con il male, con la vi-sione, con il fantasma rappresenta un salto effettivo in rapporto alla posizione della coscienza diurna; tuttavia . se da una parte sembra sfuggire alle strutture visive e percettive della comunicazione discorsiva e sfuggire , alla determinazione dello steroetipo ideologico dominan-te nel primo momento, nello stesso tempo il suo sog - - getto si arresta di fronte a « un metallo lustro sul quale , scorge il suo io », è questo un limite estremo posto alla. coscienza vigile e notturna che riceve, in risposta alla . visione che la fissa, la propria immagine come sorgente · infinita del male e chiusura del campo, vasto quanto si voglia, su se stesso. Questo vicolo cieco lascia i due · momenti dividersi (il male li attraversa entrambi in po­ sizioni diverse) senza che nella logica della copia si apra alcun ricorso esterno. Lo stereotipo del primo tempo assume il carattere · 106

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