Il piccolo Hans - anno I - n.4 - ottobre-dicembre 1974
ma un fugato in cui il soggetto si trova egli stesso diviso. Questa divisione e J'intimità di una soggettività che nella veglia raggiunge punte di tensione autoerotiche e comun- · que di approssimazione a un certo nucleo costitutivo, si tua la letteratura subito dalla parte di questo sguardo e di questo essere captati dalla visione, è il momento della lirica notturna o insomma del mito dell'illuminato; il «poeta-scrittore» si confronta con una verità nasco sta che indaga nella notte della conoscenza. E' il momen to proficuo della copia, lo studente si accorge di aver copiato quanto sentiva che lo guardava e gli parlava, ma può sentirlo solo per il fatto che in tutta la fiaba è teso a un desiderio che lo sconvolge e che gli apre una via altrimenti chiusa, a ll!-i, come agli altri. E qui la conquista dell'amata e del vaso d'oro, che è il suo pegno, funzionano come topos della fine e catarsis in quanto la fragilità della visione-nebulosa sorretta dal desiderio si garantisce in un risolutivo conseguimento della terra promessa - atlantide - in cui l'ideale di ar monia è definitivamente guadagnato. Questo aggancio risolutivo staglia i caratteri delle figure fissate sulla superficie lasciando che tutta la sagoma vuota {il basamento della decalcomania) si sposti meglio sul fondo in cui si consuma tutto l'universo mobile e sfolgorante di un vedere-essere visto laterale e privo di indirizzo. In questo modo il debordamento romantico lungi dal sovraccaricare di senso le cose che investe non fa che lasciarle ricadere nel vuoto pullulare di un cosmo inquietante e incontornabile a cui l'armonia ideale e uni versale, come certi contenuti di critica sociale, non fanno che da sponda. Il canto notturno, o l'inno alla notte divengono i luo ghi frequentati dalla veglia ispirata, tuttavia il riferimen to all'originale, all'incontaminato ecc., ripetono ossessi vamente, con gesto di denegazione, l'impossibilità del w- 102
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