Il piccolo Hans - anno I - n.3 - luglio-settembre 1974
questa isolatamente nel campo del riso. In effetti, la stessa cosa esiste nelle lacrime. Nelle lacrime, c'è un'ambiguità profonda. Tutti sanno che è gradevole piangere, che si trova nelle lacrime una sorta di consolazione, che spesso anzi non si vorrebbe ac cettare, ma che vi sorpassa. C'è qualcosa di inebriante nel le lacrime, come c'è qualcosa di inebriante nel riso. Credo che non mi sarà difficile mostrare che le lacrime possono essere considerate legate, allo stesso modo del riso, al l'invasione dell'inconosciuto, alla soppressione di una par te di questo mondo che noi consideriamo come mondo conosciuto in tutte le parti che si considerano nel loro insieme. Se qualcuno muore, per esempio, è un fatto che l'ordine conosciuto da noi è profondamente alterato, e che noi dobbiamo veder sussistere davanti a noi, nostro malgrado, a ciò che conosciamo, qualcosa che non co nosciamo, che è per esempio la presenza di un morto, o più esattamente l'assenza del vivo. Le lacrime mar cano, più di qualsiasi altra cosa, la scomparsa, la distru zione improvvisa dell'universo conosciuto al quale ap parteniamo. Ma le lacrime, allo stesso modo del riso, presentano un carattere più strano. E questo carattere più strano, avrò un pò di difficoltà a parlarne, perché non è classica mente oggetto di studio. Vi sono, al di là delle lacrime del dolore, lacrime della tristezza, lacrime della morte, e prima ancora delle lacrime di gioia. Ora, delle lacrime di gioia, a rigore, si parla abbastanza spesso. Ma, al di là delle lacrime di gioia, vi sono delle lacrime forse più cu riose, e che non sono oggetto di apprendimento abituale. Io credo che le lacrime vengano agli occhi per ogni sorta di ragione complessa. Non credo di poter fare altro qui d'altronde che dare delle indicazioni nel senso di ciò che voglio dire. Vi sono, credo, delle lacrime della riuscita, che sono estremamente frequenti. Evidentemente, esse non sono 97
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