Il piccolo Hans - anno I - n.3 - luglio-settembre 1974
che risentissi in nulla questa esperienza religiosa come impoverita. Posso dire d'altronde che, essenzialmente, il . movi mento, direi piuttosto della mia vita che del mio pensiero, è consistito nel mantenere, sotto forme inattese e forse anche le meno soddisfacenti possibile, dal punto di vista di coloro che si mantengono nei limiti del dogma, tutta l'esperienza religiosa che avevo acquisito nei limiti del dogma in cui mi tenevo un tempo. Ugualmente, credo che, quando, come faccio attualmen te, passo dalla considerazione pura e semplice del riso a una considerazione più generale, che è quella del non sapere, per il fatto che, con non sapere, intendo principal mente un'esperienza, io resto, a dispetto della rottura con ogni conoscenza possibile, nella ricchezza dell'esperienza che avevo conosciuto una volta. Il non sapere, come l'in tendo io, non sopprime per me Ja possibilità di un'espç rienza che considero come altrettanto ricca che l'esperien za religiosa data in quel massimo del sapere che è la ri velazione. E' insomma nel fatto di pormi l'essere come proble matico, l'essere come inconosciuto tutto intero, e di get tarmi in questa non conoscenza, che io trovo un'esperien za non solo altrettanto ricca, ma, mi sembra, più ricca ancora, più profonda se possibile, perché in questa espe rienza io mi separo di più dall'esperienza comune. lo mi separo di più da quell'esperienza della vita profana, in cui tutto sommato aderiamo a oggetti che non hanno su di noi che un diritto estremamente discutibile, il diritto che hanno acquisito per il solo fatto che abbiamo fame, per il solo fatto che possiamo soffrire, per il solo fatto che la paura comanda spesso le nostre azioni . Nell'espe rienza del non sapere di cui parlo, se rimane un'esperien za religiosa, è interamente distaccata dalla preoccupazione dell'avvenire, interamente distaccata da una sofferenza 87
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