Il piccolo Hans - anno I - n.3 - luglio-settembre 1974

era effettivamente il solo interesse. Io mi smarrivo in diffi­ coltà abbastanza secondarie; mancavo, stavo per dire di esperienza, ma non posso impiegare questa parola, poiché io la impiego in un altro senso parlando ora; mancavo del­ le conoscenze sufficienti per portare a buon fine questa riflessione. Resta comunque che ho potuto abbandonar­ mi, con l'aiuto di queste riflessioni fuori squadra, a una sorta di caduta a picco, che tendeva a essere vertiginosa, nella possibilità del riso. Vi è tuttavia qualche cosa che ho potuto salvare della mia riflessione di quel momento, ed è il suo principio. Questo principio, era di considerare che il problema mag­ giore era il problema del riso; e formulando la cosa in una maniera molto grossolana, ben lontana da come la espongo anche adesso, io mi dicevo che se fossi riuscito a sapere cos'era il riso, avrei saputo tutto, avrei risolto il problema delle filosofie. Mi pareva che risolvere il pro­ blema del riso e risolvere il problema filosofico fosse evidentemente la stessa cosa. L'oggetto che afferravo ri­ dendo, se volete, mi pareva di un interesse paragonabile a quello che la filosofia si pone quasi sempre. Non cerco di difendere questo punto di vista, almeno nella forma precisa che sto prospettando ora. Ho bisogno di esprimermi così per arrivare a descrivere questa esperienza. Devo precisare d'altra parte che all'inizio di questa esperienza, ero insomma animato da una fede religiosa molto precisa, conforme a un dogma, e che questo con­ tava molto per me, al punto perfino che accordavo, così interamente come potevo, la mia condotta ai miei pensie­ ri. Ma è sicuro che a partire dal momento in cui mi sono posto la possibilità di discendere il più lontano possibile nel dominio del riso, ho risentito, come primo effetto, tut­ to ciò che il dogma mi apportava come portato da una specie di marea difluviale che lo decomponeva. Ho sentito che dopo tutto mi era affatto possibile, in quel momento, 83

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