Il piccolo Hans - anno I - n.3 - luglio-settembre 1974

come spiegazione, non del risibile in generale, ma di un aspetto particolare del comico, del risibile che egli chia­ ma il comico. Così, indipendentemente dal valore del tentativo di Bergson, dobbiamo constatare che dei modi di ridere che sono tuttavia pieni di senso, come il riso dell'incontro, come il riso del solletico, come il riso immediato del bam­ bino, sono lasciati da parte. In realtà, gli studi si sono moltiplicati senza che si possa dirie che cosa finalmente renda conto del riso. In­ dipendentemente dalla convinzione di ogni autore di teo­ ria, in particolare, in fondo noi non conosciamo il senso del riso. Il risibile resta sempre l'inconosciuto che ci in­ vade repentinamente, che rovescia in noi il < > abi­ tuale, e che produce in noi quel brusco allargamento del viso, quegli incendi esplosivi della laringe e quelle scosse ritmate del torace e dell'addome di cui parlano i medici. Rimane forse solo un'ultima teoria, che avrebbe il me­ rito almeno di appoggiarsi su ciò che hanno di più note­ vole, su ciò che hanno di essenziale tutte le teorie che l'hanno preceduta, il loro fiasco. Supponiamo che il risibile sia, non solo inconosciuto, ma inconoscibile. Abbiamo ancora una possibilità da con­ siderare. Il risibile potrebbe essere semplicemente l'inco­ noscibile. Detto altrimenti, il carattere inconosciuto del risibile, non sarebbe accidentale, ma essenziale. Noi ri­ deremmo, non per una ragione che non arriveremmo a conoscere, per carenza di informazione o di penetrazione sufficiente, ma perché ciò che ci fa ridere, è l'inconosciuto. Ci fa ridere insomma il fatto di passare molto brusca­ mente, a1l'improvviso, da un mondo in cui ogni cosa è ben qualificata, in cui ogni cosa è data nella sua stabilità, in un ordine stabile in generale, a un mondo in cui tutto in un colpo la nostra sicurezza è rovesciata, in cui ci ac­ corgiamo che quella sicurezza era ingannevole, e che, là dove avevamo creduto che ogni cosa fosse strettamente 69

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