Il piccolo Hans - anno I - n.3 - luglio-settembre 1974

reri si fa un gran parlare di mangiare e c e m realtà anche la merda, ma il cibo, che pure è arrivato alla villa, è assente, di tanti vitelli e manzi compaiono solo alcuni volatili e un misero piatto di spaghetti. In Il portiere di notte il cibo realisticamente scarseggia, visto che la merda non c'è perché è dentro di noi. Ma il profondo di cui parla la Cavani non è certo l'inconscio freudiano. Il profondo di Max che si rifiuta e si sottrae all'analisi (Max non parla, non fa l'esperienza del récit) è un pro­ fondo che straripa al primo sguardo e che straripando invade il mondo divenendo tutti noi. « Hans: Resti qui a frugare nel passato. Lucia: - Max non è solo il passato». Questo Max che vorrebbe dire gli assassini sono ancora tra noi, dice di fatto gli assassini siamo ancora indiscri­ minatamente tutti noi. Il male è sempre possibile. « Max: allora puoi o non puoi? Stumm: Certo che posso. Max: Grazie» All'inganno dell'identità, lo specchio alla « persona » che gli si avvicina per incontrare l'altro di sé, risponde con la gelida superficie artificiale, lo scontro freddo con la ripetizione. Chi può dirmi chi sia io? A ogni colpo di lancia del misterioso cavaliere del torneo, un fido si volge ad Artù: E' Lancillotto. E' Lancillotto. E' Lancillot­ to. La ripetizione del nome automatizza l'identità. Il no­ me è vuoto come la corazza. In realtà non è Lancillotto, come i mulini a vento non sono giganti. Ma Don Chi­ sciotte che ha qualche familiarità, anche se non lo sa, con il cavaliere degli specchi, permette che i giganti di­ ventino dei mulini a vento. Il motivo? L'inganno del­ l'immotivato. Così . Anche Lancillotto, corpo senza or­ gani, corpo senza funzioni, sferragliare di corazze quasi vuote, corpi di corazza senza testa, inquadrature di tron­ chi, compie questa mutazione. Incongruenza e immoti- 36

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