Il piccolo Hans - anno I - n.3 - luglio-settembre 1974

deggia perennemente sospinto dal vento gelido a mezz'aria tra la strada e« lo scudo d'argento» del cielo? Forse riu­ scire ad essere così ' pesanti ' da poter toccare terra? Que­ sto vorrebbe dire avere accesso ad un mondo umano, a quella stessa quotidianità che in fondo è complicata e ostile quanto la cristallina indifferenza del cielo inver­ nale; questo significherebbe nascere ad un ' senso ' umano. Proprio la descrizione di questo stato di sospensione in questo terribile ' fra ' costituisce il compito di chi ha assunto il negativo del proprio tempo. Descrivere nel sen­ so di un movimento che circoscrive l'oggetto [be-schrei­ ben be > ahd bi (bi = bei)] non è ancora trascrivere l'im­ possibile nel possibile, infrangere l'abbagliante gelida e­ straneità del cielo e la dura sordità degli abitanti della terra, poiché finché si appartiene al disumano, condi­ zionati dalla paura o dalla ricerca ossessiva della sicu­ rezza (come l'animale della Tana) o resi estranei a noi stessi dalFabbruttimento reificante di un esistenza im­ molata al lavoro (il Gregor Samsa della Metamorfosi), non si può diventare ' metafore '. Si è preda della dia­ lettica avere-non avere, stregati dall'ideologia del pos­ sesso. E si risponde ancora alle parole dei saggi: « Tutte queste similitudini in fondo vogliono soltanto dire che l'inafferrabile è inafferrabile e questo lo sapevamo già». Ma è proprio su questa linea sottile del « Nur Gleich­ nisse» ( « solo metafore») che si muove la scrittura di Kafka come articolazione significante del negativo che se per un verso mostra la verità dell'uomo divenuto be­ stia o messaggio insensato e vittima-carnefice di se stes­ so (Nella colonia penale), per l'altro rimanda ad una trascendenza del mondo come mondo del significato. In questa scrittura - a ben vedere - si nasconde l'arte di « essere abbagliati dalla verità». « Vera è la luce sulle smorfie del viso che rilutta, nient'altro» 13• 136

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