Il piccolo Hans - anno I - n.3 - luglio-settembre 1974

essere semplicemente delle esperienze che costituivano un dogma più o meno coerente, e spesso piuttosto meno coe­ rente che più. Concluderò d'altronde facendo presente che non vor­ rei sottovalutare tuttavia il carattere filosofico di tutta questa maniera di vedere . Prima di tutto, tengo a mette­ re in chiaro che questa maniera di vedere, malgrado il suo carattere negativo, si associa con una sorta di necessità a una filosofia positiva, e che tutto ciò ch'essa può ag­ giungere a quel principio, al principio della negazione, è che la filosofia positiva stessa non è data per colui che si situa nell'esperienza di cui ho parlato come una sorta di necessità, ineluttabile, ma che essa è sospesa, se volete, come ho detto che il dogma poteva essere sospeso, al­ l'interno del riso. Ci terrei d'altra parte a osservare una cosa che mi sem­ bra avere una certa importanza, ed è che le filosofie alle quali mi riferisco così hanno per carattere comune que­ sto, che mi sembra molto curioso, che soprattutto Hegel come Heidegger, hanno avuto un'esperienza delle teolo­ gie. La parola esperienza è forse inadatta, non so, ma essi hanno avuto delle conoscenze di teologia. E inoltre, io credo che vi sia ogni ragione di pensare che la teologia negativa non fosse sconosciuta né a Heidegger né a Hegel, e che in particolare la dialettica hegeliana non può essere considerata come del tutto priva di rapporti, rapporti storici, quanto meno, con la teologia negativa. Aggiungerò questo d'altronde, che mi sembra più im­ portante, e cioè che bisogna bene, quando ci si esprime così, arrivare a dire ciò che si crede possibile in materia, se volete, di morale, di condotta umana. Ho già indicato certi principi al riguardo nella conferenza che ho fatto l'ultima volta. Ma non sono sicuro che quello che ho detto fosse sufficiente; io sono anche sicuro d'altronde, per di più, che anche quello che dirò questa sera sarà insuffi­ ciente. Ma sta di fatto che sono stato molto colpito di 103