Il piccolo Hans - anno I - n. 2 - aprile-giugno 1974

Un vento ctonio agitava improvviso i capelli gli abiti, precipitandosi dai corridoi e le scale sulla banchina avvi­ sava l'arrivo dei treni. Gli occhi attendevano fuori dal buio della galleria rotonda i fari antropomorfi. Il fra­ gore cresciuto, l'arresto stridente, porte automatiche si aprivano si chiudevano, qualcuno entrava e era portato mentre camminava tra i sedili cercando via nel risuc­ chio e nel fragore. Dopo restava il silenzio e il fascino infero delle rotaie profonde, prospettiche. Stanco saliva i gradini che portavano alla luce fuori dal labirinto dei treni, sporco della polvere nera sotter­ ranea . Le mani se ne erano sporcate toccando, avevano sporcato il viso e gli abiti l'avevano trattenuta tra le fibre. Il giorno irritante gli restrinse le pupille; si fermò a metà fuori dal sottosuolo ma ancora dentro, stupito dell'ab­ bondanza di luce e dai rumori senza l'eco cui si era abi­ tuato. Venne fuori e camminò per le vie, stordito ricono­ scendole. La portinaia con l'arroganza dei servi gli chie­ se chi fosse, poi lo riconobbe dalla voce, gli andò incon­ tro, lo salutò e gli chiuse la porta dell'ascensore sor­ ridendo. Ed ecco che saliva e suonava alla porta. Vanessa non c'era ed egli non poté entrare. Scese, chiese, non seppe niente. Ma la portinaia aveva una chiave e gliela dette. Entrò tutto dentro era abbandonato. Mancavano alcuni oggetti, gli abiti di Vanessa nell'armadio, i cassetti mo­ stravano il fondo. Le cavità ombrose dondolavano le grucce e il loro clic-clac osseo. Durante il viaggio dove il liberty si stendeva in una fila senza misura, oltre il paese nebbioso e le polene astruse, per le gobbe ,e la caV1ità schiumosa 1su quel tra­ ghetto pallido finito come un pesce divoratore nel ven­ tre del mare, in quel viaggio senza orologi né meridiane aveva temuto il ratto di Vanessa. Per lei era fuggito via dalla spiaggia, dalle macchie inevitabili e dalla loro 85

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