Il piccolo Hans - anno I - n. 2 - aprile-giugno 1974
Davanti a una porta chiusa con appesa una ciambella c'era lo sportello di un estintore. La ciambella si poteva staccare, la esaminò con aria distratta, dissigillò la por ticina, cavò fuori l'estintore pesante, lo alzò e lo sbattè contro il vetro. Volò fuori in uno scoppio di frammenti bianchi. Con le scure che era dentro la nicchia ruppe le schegge grosse rimaste infitte, gettò fuori la ciambella e aggrappandosi dove riusciva si cacciò per la finestra e cadde sul ponte. Il vento freddo. Infilò il salvagente sotto le ascelle. Il traghetto si allontanava sul mare pallido. Nessuno gli aveva badato. Era giorno e il continente non pareva anco ra lontano. Tornò in una notte di timore per sottoportici bui e ponti silenziosi. « Son uno dei Dieci», disse e lo fecero entrare con deferenza, inchinandosi impauriti. Ma no. Camilla rispose, negli orecchi aveva ancora il suono fami liare del battente all'interno: « Sono Camilla, sono tor nato». Non gli fu aperto ed egli fuggì il sentimento di morte. Ma in realtà era lontanissimo il continente: Camilla sapeva che in mare l'occhio abbrevia le distanze. Quella striscia nebbiosa laggiù oltre le cavità e le gobbe schiu mose era oltre troppo spazio agitato verdegrigio, oltre il freddo i risucchi le cadute d'acqua le profondità che lo sguardo non misura popolate di bocche e di silenzi. Sospeso a un salvagente non sarebbe mai arrivato laggiù o forse si ma spolpato dai pesci e dagli uccelli, sbiancato dall'acqua fin dentro, senza più occhi né pal pebre. Troppo lontano il bruno violetto del continente, troppo oltre le schiume gobbe, le cavità e la paura. Si sfilò il salvagente e rientrò per il finestrino senza vetro, vergognandosi, ma nessuno gli aveva fatto caso. Camminò per l'ellissi derisoria della nave, salì e sce- 79
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